Sono sempre più convinta che tutto il potere provenga dall’interno. Che la vita, con le sue sfide, vada affrontata da uno stato di consapevolezza. Fedele al mio sentire, di recente mi sono messa alla ricerca di video che parlassero di meditazione e di crescita spirituale.
Così, ho fatto la magica scoperta di Marina Borruso. E’ una signora di quasi ottant’anni (portati magnificamente), considerata una maestra spirituale a livello internazionale. Dietro a quei capelli d’argento e a due occhi vispi da bambina, c’è una donna che ha vissuto ai quattro angoli del mondo. E’ stata allieva di Osho e di Eckhart Tolle, lo scrittore e filosofo tedesco autore del capolavoro “Il potere di adesso” (di cui è stata anche interprete). Una vera e propria ricercatrice dell’anima, che conserva una curiosità e un gusto per la vita da fare impallidire tante ventenni.
Ammirando la grazia con cui questa Signora si è lasciata accarezzare dallo scorrere del tempo, l’altra mattina mi sono sbottonata il pigiama urlando: “Voglio invecchiare proprio così!”.
Detto da me è strano, perché la parola “invecchiare” mi ha sempre provocato una botta di depressione. “Vecchiaia”, nella mia zucca, è sempre stato unicamente sinonimo di acciacchi, solitudine e case di riposo. Punto.
Eppure, la mia testolina (come quella di molte di noi) è stata colonizzata fin dall’infanzia dai tanti luoghi comuni circa la terza età. Pensieri, concetti, idee che non sono nemmeno nostri, ma che li facciamo diventare parte di noi senza nemmeno accorgercene, nel momento che accettiamo senza filtro le credenze altrui.
E qui sgancio la bomba: perché invecchiare è una colpa, specialmente se sei donna?
Facci caso, termini come:
Babbiona, zitella, frescona, tardona… sono sempre declinati al femminile. E usati, in maniera strisciante, per denigrare donne non più giovani. Non mi risulta che siano usati così allegramente anche per i signori uomini.
Ora, non voglio farne una polemica inutile. Alle donne non viene perdonata la bellezza, l’intelligenza, il potere, il successo. Figuriamoci il fatto di invecchiare! Ma da questa osservazione dei fatti, mi sono resa conto che la paura di diventare anziane (mia e di molte donne) deriva in gran parte da un rifiuto degli anni che passano che ci buttano addosso gli altri.
Non mi stupisco quindi della marea di facce di gomma, più o meno uguali e deformate, che si vedono in giro. Donne che si ammazzano di botox e palestra, che vedono più spesso il chirurgo e il parrucchiere che il marito (se ce l’hanno) o la collega di scrivania. Nella disperata corsa contro il tempo, in perenne competizione con ventenni coscialunga che spopolano in tv, sui giornali, nelle pubblicità e sui manifesti.
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Ora, capiamoci: mi avvio verso i cinquant’anni e non ho nessuna intenzione di gettare la spugna. Adoro le donne che si amano, che si prendono cura del loro corpo. Mi piacciono le signore gradevoli e che cercano di tenersi in forma. Che piacciono e si piacciono. E, per fortuna, in giro di signore fascinosissime ce n’è un bel po’. E ce ne saranno sempre di più. Ma non dirmi che non si riconosce a un chilometro di distanza una bella donna matura e curata, da una sessantenne che cerca di scimmiottare la nipote che va all\’università. Ci siamo capite, vero? Sì, ci siamo capite.
Dunque, invecchiare è una colpa che la società feroce in cui viviamo fa scontare alle donne in maniera ancora più pesante che agli uomini. Non serve che ti ricordi che un uomo non invecchia, diventa solo più interessante. O che le rughe su una donna fanno “tanto vecchia”, mentre i solchi sulla faccia di un uomo fanno “tanto figo”. Va be’ dai, facciamo finta di crederci 🙂
Ma cosa nasconde la paura di invecchiare, specie per noi donne?
La paura, il terrore di diventare vecchie è legato a una perdita. Perdita di autonomia, di bellezza, di salute. Perdita del potere seduttivo e, quindi, perdita di relazioni. Tradotto, se non piaci più, puoi appiccare le mutande al chiodo.
E, naturalmente, invecchiare significa la perdita della fertilità, della capacità straordinaria della donna di far crescere la vita dentro di se’.
Se guardiamo più da vicino, tutte queste paure riconducono a un’unica paura più grande: la paura di scomparire, di non esistere più. E quindi, paura della morte. La stessa paura di perdere l’amore per via del tempo che passa, è una matrioska che nasconde quella dell’abbandono e della solitudine, dell’isolamento affettivo. Della morte, appunto. Perché, in mezzo a un deserto sentimentale, si muore.
Ti confesso che la paura di invecchiare è un timore che ho provato fin da giovanissima, come se questa paura fosse nata con me. E ci ho convissuto per molti anni, lunghi anni dolorosi durante i quali indossavo varie maschere da seduttrice da strapazzo, tutta concentrata sull’apparire del corpo, sulla forma esteriore della mia essenza. Come se una parte irrisolta di me urlasse “Ehi, sono sul mercato! Fai presto a prendermi che ho la data di scadenza!”. Sì, lo so, sentirsi una con la data di scadenza addosso è da sfigate pazzesche. Ma quella che urlava queste minchiate colossali era la mia parte irrisolta, appunto.
Se ci ripenso con la testa di oggi, mi rendo conto di quanto quella dannata paura abbia influenzato le mie scelte sentimentali e i miei comportamenti. Infondo, il mio bisogno di conferme, quel timore dell’abbandono, quella smania di accaparrarmi l’uomo giusto prima che fosse troppo tardi, dipendevano anche dalla paura del tempo che passa. Quella ricerca spasmodica del marito perfetto (o almeno senza precedenti penali) con cui farci dei figli, era figlia a sua volta del correre all’impazzata dell’orologio biologico.
Ma adesso ti dico una cosa controcorrente: oggi che sono una donna matura, per assurdo che sia, la vecchiaia mi fa meno paura. Molto meno. E la cosa ancora più incredibile, è che invecchiare mi preoccupa sempre meno anche se non sono riuscita nell’impresa di crearmi quella famiglia felice stile Mulino Bianco.
Strano, vero? Ma… assolutamente vero! E lo sai come sto riuscendo a mandare in pensione la paura di invecchiare? Vivendo! Sperimentando la vita per quello che è, cioè una meravigliosa opportunità dell’anima di attraversare l’esperienza terrena.
Mi sono armata di pazienza, con l’intenzione di trovare dentro di me quel tesoro che ho sempre pensato si trovasse la’ fuori, da qualche parte, immancabilmente fuori dalla mia portata. Sono diventata osservatrice di me stessa, con un gusto artigianale per la ricerca interiore. E così ho scoperto, e sto ancora scoprendo, un mondo meraviglioso dentro di me. Ma mi serve una buona dose di coraggio per portare alla luce quel mondo, per abbracciare i lati di me che non mi piacciono e accettarmi per quella che sono. Sto sanando quelle parti di me che prima non vedevo o non volevo vedere. Con amore, come solo una madre amorevole sa fare. So che il cammino è ancora lungo, ma lo percorro fiduciosa e senza aspettative, godendomi il viaggio. E se lungo il cammino troverò un compagno degno di percorrerlo con me, sarà il benvenuto. Ma non ho più paura di camminare anche da sola.
E se ti chiedi quali sono i passi di questo cammino, la mia risposta è: vivere l’adesso. Il qui e ora, dove non c’è il futuro con la paura di invecchiare. Ma solo un felice godere del presente, qualunque cosa porti nelle mie giornate. E’ solo così che sto riuscendo a partorire me stessa, a concedermi quella capacità straordinaria di osservare la vita che si muove dentro di me.
Alt, ti fermo subito: se pensi che il fatto di concentrarmi sul mio mondo interiore mi abbia trasformata in una sciattona con le unghie smangiate e i maglioni coi buchi, ti sbagli di grosso. Sono sempre la Paola di un tempo, che ama prendersi cura di se’ e della sua immagine. Ma è una cura diversa, un gesto d’amore verso me stessa che non ha più tanto bisogno di conferme esterne. Tenermi in forma è sempre una mia priorità, ma oggi continuo a farlo con piacere e solo per me stessa.
La Paola timorosa di un tempo sta lasciando il posto a una me stessa curiosa e senza aspettative. Mi sto semplicemente abbandonando alla vita con fiducia, senza sapere dove mi porterà. Chissà, forse a guardarmi un giorno allo specchio e vedere riflessa l’immagine di una donna dai capelli d’argento e due occhi vispi da bambina.